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Ti trovi qui: Home / Letteratura e Narrativa / La Morte dell’Erba di John Christopher
La Morte dell’Erba di John Christopher

La Morte dell’Erba di John Christopher

12 Aprile 2016 di Andrea Camporese Lascia un commento

Uscito per la prima volta nel 1956, La Morte dell’Erba di John Christopher (pseudonimo di Sam Youd) è un classico del genere. Forse il primo romanzo fantascientifico a carattere “ecologico”, dove la terra e la natura sembrano rivoltarsi all’incessante sfruttamento umano producendo un virus (Chung Li) che dalla Cina si diffonderà in tutto il mondo lasciando dietro di sé solamente terra arida e secca.


La morte dell’Erba: “un opera drammatica ed emozionante”

la morte dell'erba retro

La Morte dell’Erba ruota attorno a due figure principali, due fratelli: John e David Custance. Il primo (John), sposato con due figli, vive a Londra e trascorre la sua esistenza immerso nella “Englishness” fra the delle cinque, il country club, il bridge e qualche amico. Il secondo (David) vive invece a Blind Gill, un’enclave naturale chiusa all’interno di un ferro di cavallo di colline con un unico stretto accesso, ricevuta in eredità dal nonno paterno. Qui David coltiva la terra, frumento e orzo per lo più (almeno fino allo scoppiare dell’epidemia, quando deciderà di commutare tutto a patate e barbabietole), e alleva bovini e suini, assieme al vecchio fattore che aiutava già suo nonno. A differenza di John, anestetizzato dal tran tran cittadino e sostanzialmente abituato ad avere un limitatissimo rapporto con la natura, David è particolarmente sensibile agli avvenimenti iniziati in Cina e nell’Estremo Oriente, dove decine di migliaia di ettari di raccolto in pochi mesi sono andati distrutti a causa di Chung-Li e dove milioni di persone muoiono sotto l’effetto delle conseguenti tremende carestie.

Gli accadimenti dell’Asia sono però lontani, per lo meno nel quotidiano sentire dei londinesi, e Christopher sottolinea molto bene questo atteggiamento attraverso la figura di Roger Buckley, forse il migliore amico di John, un tizio cinico e pragmatico preoccupato solamente della sua giornata (tant’è che la moglie di John, Ann, non lo sopporta). La Cina e l’Asia sono talmente lontani che Buckley arriva al punto di considerare gli asiatici altro dagli europei: in un passo del libro li descrive addirittura come estremamente disorganizzati, caotici, non c’è quindi da stupirsi che i razionamenti non abbiano funzionato e che alla fine le masse, prese dal panico, si siano scontrate con le forze dell’ordine producendo massacri e distruzione senza fine. Dopo la Cina arriva però il momento dell’India, del Pakistan, del Giappone: anche in questo caso, tuttavia, l’apatia inglese (forse Occidentale?) ha il sopravvento al punto che, se inizialmente le opere di supporto alle popolazioni in difficoltà si erano susseguite a ritmo incessante, dopo neanche un anno i media non parlano nemmeno più della situazione in quelle terre lontane.

Questo sarà un punto sostanziale del romanzo di Christopher: il sentirsi altro, quasi intoccabili rispetto al destino capitato a popoli simili e tutto sommato non così lontani. Sembra di leggere pagine di estrema attualità, soprattutto alla luce dei fatti di cronaca degli ultimi tempi.

Ovviamente la tranquilla situazione inglese non dura a lungo e Chung Li invade ben presto anche le lande britanniche (nella sua quinta mutazione, in particolare), con buona pace di tutti quelli (come Buckley) che, nonostante tutto, continuano a pensare che le terre di Sua Maestà non avranno a patire la stessa sorte dei barbari. Nel progressivo deterioramente della condizione inglese, John prenderà l’unica decisione sensata a disposizione: accoglierà l’invito di suo fratello e condurrà la sua famiglia a Blind Gill, attraversando una terra irriconoscibile, devastata dal virus e ricoperta dalle carcasse degl animali abbattuti a causa della mancanza di foraggio (nella sua ultima mutazione il virus non attaccherà solamente il grano ma qualsiasi forma di graminacea), dalle fattorie saccheggiate e date alle fiamme, dalla desolazione. Lungo la strada John, così come Roger e tutti gli altri protagonisti, cambierà irrimediabilmente adattandosi anche troppo in fretta (se ne stupirà di frequente) alla nuova condizione e abbandonando, altrettanto in fretta, le consuetudini civili ereditate da secoli di evoluzione culturale.

La Morte dell’Erba è un fenomenale romanzo sociale, oltre che di fantascienza, che ci mette sotto al naso (se per caso ce ne fosse ancora bisogno), la cruda e triste realtà del nostro quotidiano: siamo troppo assuefatti alle comodità e al benessere, per preoccuparci di quello che accade ai nostri simili e che, inevitabilmente, presto o tardi toccherà anche noi. Siamo miopi rispetto ai drammi del Mondo, sempre convinti che questi siano fatti lontani, relegati in qualche remota regione del Pianeta. Prima o poi, però, il conto si paga e questo credo sia il monito sostanziale che John Christopher ha voluto lasciarci.

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