Articolo aggiornato giorno 7 Marzo 2016
In questo piccolo libro Mauro Corona raccoglie in una sorta di registrazione i discorsi di quattro persone sedute al bar a proposito del dopo Vajont. L’oste è nato dopo il 1963, anno in cui il monte Toc franò nella diga provocando le spaventose onde che distrussero Longarone e frazioni, parte di Erto e le sue frazioni mentre gli altri avventori hanno vissuto quella tragedia annunciata.
Si parla in primis di oblio, in quella sorta di cancellazione dei fatti in cui l’Italia (e loro stessi) è vissuta per oltre quarant’anni, “dimenticandosi” dei morti del Vajont, oltre 2000. C’è voluto lo spettacolo di Marco Paolini e il film di Renzo Martinelli per riscuotere nuovamente le coscienze e far discutere nuovamente su quella che fu sì una tragedia, ma prevedibile, aspettata, sentita e che spazzò via dalla faccia della terra interi paesi.
Si parla anche della disgregazione di Erto, paese dello scrittore, quando la comunità si divise: alcuni decisero di andarsene, pochi di restare. A distanza di anni proprio questa separazione, nel momento in cui era più necessario restare uniti, ha portato alla disgregazione del paese vecchio, abbandonato per vivere in quello nuovo mentre la vecchia Erto diventa un paese fantasma dove le case cadono una dopo l’altra.
Durante la conversazione si discute anche dell’ignobile risarcimento destinato ai familiari delle vittime, al traffico di licenze per aprire negozi e attività, vendute per poco e che fruttarono molto ad avvoltoi pronti ad approfittarsi della gente già spaesata e distrutta. Si racconta insomma dei fatti del Vajont prima e dopo, di come una comunità sia stata disgregata e mai più ricomposta, di come secoli di vita rurale scandita dal ritmo delle stagioni sia scomparsa. La tragedia del Vajont è stata anche tutto questo. Un libro da leggere per comprendere come il dopo Vajont abbia influito sulle comunità coinvolte nella tragedia.
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