Articolo aggiornato giorno 18 Maggio 2024
Epistole e favole di Antonio Gramsci, edito da Mauna Loa Edizioni e pubblicato il 15 settembre 2021. Composto da 228 pagine, a cura di Fabiana Caserta.
Epistole e favole: la recensione
L’albero del riccio e favole di libertà, sono due raccolte di epistole di Gramsci, che vengono incorporate in questa opera, a cura di Fabiana Caserta.
L’Albero del Riccio, in cui viene messo in risalto il legame sentimentale familiare di Gramsci, sia con la moglie, i figli e la madre, contrassegnati da un grande affetto, ma anche da profondi momenti di dolore.
Favole di Libertà, in cui è presente il legame politico di Gramsci nella sua vita, caratterizzato da una condivisione di favole e novelle popolari, mezzo comunicativo creato che stabilisce con la famiglia.
Epistole e favole. L’albero del riccio e favole di libertà.
L’Albero del Riccio
una raccolta di racconti di Antonio Gramsci, in cui sono racchiuse lettere che invia al figlio Delio, mentre era in carcere rinchiuso nel 1926.
Gramsci fu arrestato dal regime fascista, l’8 Novembre del 1926, in cui Delio il primogenito aveva poco più due anni e il fratellino Giuliano non ne aveva ancora uno, quindi per cercare di mantenere vivi i legami affettivi, creò un mezzo comunicativo rappresentato dalla scrittura attraverso uno scambio epistolare.
Profondamente colpito dalla prigionia Antonio Gramsci, sente fortemente in distacco dai propri figli, avverte la sofferenza di non poterle stare accanto, di non poterli educare come avrebbe voluto, tutto ciò lo fa presente nelle lettere che invia alla moglie, con un linguaggio che possa giungere alle orecchie dei bambini ed essere compreso.
Infatti in questa raccolta destinata ai propri figli, sono presenti storie avventurose, che con delicatezza parlano di briganti e di animali, di ricci, di volpi, di cavalli, di passeri, di struzzi e di pappagalli. Gramsci si racconta ripercorrendo i suoi ricordi di infanzia sarda: il mare, la scuola, la scelta di cosa fare in futuro e gli incontri con i vari animali, e narra di un episodio i cui protagonisti sono una famiglia di ricci.
Racconta: in una sera d’autunno, quando era già buio ma splendeva luminosa la luna, Gramsci con un altro amico, si recarono in un campo pieno di alberi da frutto di meli, nascosti dietro un cespuglio, videro spuntare cinque ricci, due più grossi e tre piccolini. I ricci camminavano in fila indiana e si avvicinarono ai meli, che con i loro musetti e le gambette facevano rotolare per raccoglierli tutti insieme. I ricci grandi, si resero conto che i meli che il vento aveva buttato giù dagli alberi e che loro avevano faticosamente radunato non bastavano, così uno il riccio papà, alzò lo sguardo e vide che un albero era pieno di frutti, si arrampicò seguito dalla moglie e insieme cominciarono a far dondolare il ramo, quell’oscillamento fece cadere i meli per terra. I ricci piccoli radunarono i meli e si sdraiarono su di essi infilzandoli con gli aculei, così fecero anche i ricci grandi che infilzarono molti più frutti.
In questa raccolta, non vi è traccia di politica, bensì emerge la preoccupazione di un padre e il dolore dal rimanere lontano dai propri familiari, rivela la dimensione più intima dell’uomo, la semplicità nell’accettare un destino che, probabilmente, all’inizio non aveva immaginato così ingrato, infatti Gramsci morirà il 27 Aprile 1937 a causa della lunga tortura carceraria. Nonostante ciò, riesce per tutto il tempo della sua incarcerazione a mantenere vivi i suoi rapporti con le persone care e la sua immaginazione.
Epistole e favole. L’albero del riccio e favole di libertà.
Favole di libertà
Nel 1929 Antonio Gramsci si trova nel carcere di Turi, a Bari, e per perfezionare la conoscenza della lingua tedesca traduce alcune favole dei fratelli Grimm dal volume Karl Grimm- Jakob Grimm (1812-1822). I Grimm avevano amalgamato questa raccolta di favole raccogliendole presso il popolo e riportandole anche da paesi stranieri. Si pensava che fossero la continuazione di tradizioni e credenze passate legate alla mitologia, ed è per questo che furono criticati, ma Gramsci non diede peso a questo problema, diventò un esercizio per lui e un regalo per i propri figli e la sorella Teresina. Purtroppo le ventiquattro favole, non furono mai spediti dal carcere, è così non giunsero ai destinatari, videro la luce solo nel 1980 quando furono pubblicati da Vallecchi.
Preoccupato per i bambini vittime delle politiche dittatoriali, che forgiavano e plasmavano le loro menti, Gramsci immaginava una società dove i bambini fossero educati con principi sani, come la libertà, l’uguaglianza, l’indipendenza del pensiero. Nella favola il bene vince sempre sul male, la colpa viene sempre scontata e leggere oggi di questo potrebbe servire se non a far cambiare almeno a far pensare.
La complessità delle idee contenute e la semplicità con cui sono trattate, essendo destinate all’iniziazione del bambino al mondo adulto, conferiscono a questo libro un grande valore letterario e pedagogico.
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