La novella del buon vecchio e della bella fanciulla e altri racconti di Italo Svevo a cura di Giampietro De Angelis

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Articolo aggiornato giorno 21 Marzo 2024

La novella del buon vecchio e della bella fanciulla e altri racconti è un libro scritto da Italo Svevo, edito da Mauna Kea Edizioni e curato da Giampietro De Angelis. Pubblicato il 5 febbraio 2021, composto da 310 pagine.

La novella del buon vecchio e della bella fanciulla e altri racconti

la novella del buon vecchio pdf copertina


Tra i grandi classici opera di Italo Svevo e “La novella del buon vecchio e della bella fanciulla”. Il racconto ha come protagonista un anziano signore che cede al desiderio carnale nei confronti di una giovane che potrebbe essere la nipote. La storia si sviluppa intorno a due differenze: generazionali e caratteriali. L’opera fu scritta nel 1926, subito dopo il romanzo La coscienza di Zeno, capolavoro indiscusso di Svevo. Gli altri racconti sempre di Italo Svevo scelti dal curatore Giampietro De Angelis sono “La tribù” scritta nel 1897 e “Proditoriamente”.

La novella del buon vecchio e della bella fanciulla e altri racconti. Il racconto ha inizio con la visita di due donne nell’ufficio del buon vecchio. La madre anziana e la figlia. L’anziana raccomanda la figlia, descrivendola giovane, forte, intelligente e abile nella lettura e nella scrittura, affinché la fanciulla possa trovare un’occupazione lavorativa.

Il vecchio scrive una raccomandata alla direzione della società tranviaria. Dopo poco tempo la fanciulla inizia a lavorare come conduttrice di vetture tranviarie. Un giorno il buon vecchio prende il tram e comincia a conversare con la fanciulla. Con fare pseudo-filantropo la invita a cena per proporle sbocchi lavorativi alternativi, più adatti ad una giovane fanciulla come lei.

La fanciulla e il vecchio iniziano a vedersi con frequenza e parlano di lavoro. Tra i due si instaura un rapporto confidenziale che porta l’anziano ad accantonerà la maschera di filantropo, per indossare quella di seduttore. Gli incontri passionali tra i due sanno la causa di un’angina pectoris per il buon vecchio. Per la paura, l’anziano troncherà il rapporto con la fanciulla, e si congederà anche dagli impegni del lavoro, osservando il mondo solo dalla sua finestra. E’ proprio da quella finestra che un giorno l’uomo assiste a due episodi che lo fanno riflettere sul suo comportamento tenuto fino adesso.

Alla fine della storia, il buon vecchio si impegnerà nella stesura di un romanzo in cui formulerà una teoria su come dovrebbe essere il rapporto tra giovani e vecchi per poter vivere in armonia in una società sana e fondata su principi morali.

La novella del buon vecchio e della bella fanciulla, è un racconto piacevole e breve. Un viaggio introspettivo e intenso nella coscienza di quest’uomo molto avanti con l’età, che si trova perennemente combattuto tra l’essere “filantropo” (termine usato dall’autore) e l’essere immoralmente lussurioso.

La tribù

La protagonista del testo è proprio la tribù, che dopo aver abbandonato la vita nomade, diviene stanziale: si trova così a dover affrontare una serie di problemi connessi alla propria riorganizzazione, che si traducono innanzitutto nell’elaborazione di un ordinamento giuridico più complesso, che interpreti e regoli le nuove necessità.

Il racconto esce nel 1897, su “Critica sociale”, rivista che a quel tempo veniva definita come massimo organo di espressione del pensiero socialista italiano.
La tribù dopo aver abbandonato al vita da nomade, si trova adesso ad affrontare una serie di problemi legati tra di loro che portano ad un’evoluzione nella società. Come l’istituzione della proprietà privata, che ha come conseguenza la divisione di classi sociali, la cui visione è la base dello sviluppo economico. Le disuguaglianze e lotte interne saranno un anticipo di un’industrializzazione ormai imminente. Modello di riferimento è l’Europa, patria del diritto e della civiltà, in cui il giovane arabo Achmed viene mandato a studiare e a conoscere nuove dottrine e nuovi modelli di società avanzata.

Tornato dal viaggio, il giovane espone le conoscenze e i progetti di sviluppo che aveva appreso durante il suo viaggio, ma tutto ciò si scontra con il tradizionalismo del vecchio Hussein, preoccupato innanzitutto per la “felicità” della tribù. L’ipotesi è, lo sviluppo e l’industrializzazione, che attraverso le lotte e le lacerazioni sociali che porti fino a una società più giusta. Solo che la tribù, sceglierà di non percorrere l’intero ciclo di sviluppo della società e quindi, di sottrarsi alla spirale del progresso economico.

Il racconto si svolge in un non tempo e un non luogo, vicenda che assume una dimensione quasi da favola, in cui l’unico riferimento concreto, pur se negativo, è l’Europa. In forma allegorica la favola possiede finalità educative anche se presenta un giudizio molto critico sulla situazione della civiltà europea, sui suoi meccanismi economici e sociali e sullo scollamento tra diritto e realtà, proponendo in chiusura la propria morale.

Proditoriamente

Il racconto si basa sulla vicenda che vede coinvolto Maier un imprenditore di successo, che a causa di un affare condotto male, consigliato da un uomo disonesto, si ritrova pieno di debiti. Trovandosi sul lastrico Maier è costretto a tante restrizioni che di riflesso ricadono anche sulla sua famiglia. L’unica soluzione sarebbe chiedere un prestito al suo caro amico Reveni, ma allo stesso tempo non vuole che si sappia, perché ciò porterebbe all’esclusione nella cerchia dei salotti buoni degli uomini d’affari.

L’imprenditore si reca a casa dell’amico, ma non sa come fare per chiedere il prestito senza subire umiliazione. La cosa migliore sarebbe che Reveni comprendesse dal discorso di Maier ciò di cui lui ha bisogno senza chiederglielo espressamente. Nell’incontro tra i due è presente anche la consorte di Reveni, con la quale Maier non ha mai avuto tanta confidenza. L’imprenditore parla con l’amico facendo un discorso lungo, che però non approda all’esito voluto. Maier si spazientisce, poiché non riesce a far capire il dramma che sta vivendo. Osservando la casa dell’amico si rende conto che lui è ancora un ricco imprenditore, i mobili, i quadri e l’ambiente stesso parlano di un’agiatezza che un tempo possedeva anche lui. D’improvviso un malessere colpisce Reveni, il dottore che lo visita può solo appurare la morte. Maier si rende conto che forse il fardello che sente sulle sue spalle in quel momento, non è così pesante quanto la situazione che ha visto in casa dell’amico.

Il protagonista ragiona solo in rapporto alle sue impellenti esigenze; il suo è un mondo economicistico. Non c’è dispiacere per quella morte, anzi si sente rinfrancato. Tutto ciò fa pensare alle innumerevoli considerazioni, a volte ciniche, che si fanno pur di trovare un appiglio che offra un aiuto almeno a livello psicologico in momenti così delicati. Dalla psicologia di Maier si ricavano durante il dialogo delle oscillazioni, che portano il protagonista a momenti di speranza e pessimismo, visione soggettiva che troviamo nelle opere di Svevo.

L’amico, apparentemente superiore nella solidità economica, muore. Forse se avesse chiesto in modo schietto, parlando da amico ad amico, avrebbe ottenuto qualcosa?

Reveni, non è a conoscenza della situazione, quindi non si può dire che si rifiuta di aiutare l’amico. Il suo atteggiamento freddo e distaccato potrebbe essere solo il risultato del punto vista parziale e malato del protagonista, vittima di una morale borghese degli affari che predica successo e non ammette sfortuna.

Le opere di Italo Svevo sono cosi particolarmente uniche e allo stesso tempo moderne che diversi esponenti del passato hanno espresso le loro opinioni, di seguito diranno: Eugenio Montale, l’amico, definisce le sue opere: capolavori che stupiscono per la loro nervosa modernità, sembrano anticipare le molte esigenze e preoccupazioni dell’arte europea contemporanea.

Il critico francese Leone Treich, dirà di Svevo: Italo Svevo è il primo romanziere d’analisi che abbia prodotto l’Italia contemporanea.

La critica d’arte Margherita Sarfatti esprimendo un parere sulle opere di Svevo dirà: i romanzi di Svevo sono minuziosi, penetranti e meticolosi nel procedimento dell’introspezione quasi quanto il ciclo di romanzi dell’incomparabile Proust. Uno scrittore che ha raggiunto la notorietà faticosamente, ma che si posiziona tra gli esponenti più importanti della letteratura del novecento.

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