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Articolo aggiornato giorno 21 Maggio 2025
L’albergo delle tre rose è uno dei romanzi più significativi e riusciti di Augusto De Angelis, padre riconosciuto del poliziesco italiano moderno. Pubblicato negli anni Trenta, il romanzo è un tassello fondamentale della serie con protagonista il Commissario De Vincenzi, figura centrale nella narrativa di De Angelis, che si distacca consapevolmente dagli schemi del giallo anglosassone per proporre un modello più introspettivo, umano e profondamente italiano.
In questo libro, De Angelis raggiunge una maturità stilistica e narrativa che lo rende un autore imprescindibile per chiunque voglia comprendere l’evoluzione del giallo in Italia prima della grande esplosione del genere noir nella seconda metà del Novecento.
L’albergo delle tre rose: recensione
L’intera vicenda si svolge all’interno di un piccolo e decadente hotel milanese, il misterioso “Albergo delle Tre Rose”, una location che sembra uscita da un romanzo gotico, abitata da personaggi ambigui e decadenti, dediti al gioco d’azzardo notturno e alla menzogna come stile di vita. La scelta dell’ambientazione non è casuale: De Angelis, giornalista e attento osservatore della società italiana, utilizza lo spazio chiuso dell’hotel come una sorta di teatro morale, dove si recita una commedia nera fatta di apparenze, vizi borghesi, avidità e degrado.
Questo spazio claustrofobico diventa il palcoscenico di una vera e propria tragedia moderna, dove si intrecciano misteri, omicidi, identità celate e rivelazioni che svelano non solo la verità sul crimine, ma anche la natura ambigua dell’animo umano.
Un giallo con venature noir
Il romanzo si apre con un omicidio brutale e teatrale: un giovane inglese viene trovato prima pugnalato e poi impiccato. Una messa in scena macabra, volutamente eccessiva, che attira immediatamente l’attenzione del Commissario De Vincenzi. Da lì si susseguono altri delitti, e con essi un crescendo di tensione e sospetti che travolge i clienti dell’albergo, tutti possibili colpevoli, tutti accomunati da segreti e doppiezze.
Come nei migliori gialli classici, l’autore gioca con il lettore, disseminando indizi e depistaggi, ma a differenza di Agatha Christie, con cui De Angelis viene spesso paragonato, il crimine non è mai fine a se stesso, né è solo un rompicapo da risolvere. Esso diventa specchio di una società corrotta, cinica e disillusa, anticipando quelle atmosfere noir che troveranno pieno compimento negli anni Sessanta con autori come Giorgio Scerbanenco.
De Vincenzi: un commissario fuori dagli schemi
Il protagonista del romanzo, il Commissario De Vincenzi, è l’elemento che più distingue la narrativa di De Angelis da quella dei suoi contemporanei stranieri. De Vincenzi è un uomo riflessivo, empatico, quasi malinconico. Non è un eroe infallibile alla Sherlock Holmes, ma un essere umano che soffre e si interroga, che non cerca solo la verità processuale ma anche quella umana e psicologica.
In L’albergo delle tre rose, De Vincenzi si muove con discrezione ma fermezza, osservando più che interrogando, lasciando emergere la verità dai dettagli, dalle contraddizioni, dai comportamenti dei personaggi. La sua è un’indagine quasi filosofica, in cui i colpevoli non sono mostri da incastrare, ma persone fragili, vittime e carnefici di un sistema che li ha resi tali.
Un testamento misterioso e tre bambole di porcellana
Il cuore dell’enigma ruota attorno a un testamento inglese che per avere validità richiede la presenza di tre bambole di porcellana. Questo elemento quasi surreale conferisce alla trama un tono da favola nera, un’atmosfera sospesa tra il grottesco e il simbolico. Il testamento, come in molte storie di eredità misteriose, è l’innesco di una serie di tensioni latenti tra gli ospiti dell’albergo, portando alla luce motivazioni profonde e contorte, legate a denaro, eredità e rancori familiari.
La forza del romanzo sta proprio nel modo in cui De Angelis riesce a mantenere credibile e coinvolgente una storia che potrebbe facilmente scivolare nel melodramma. Grazie alla sua scrittura asciutta, alla costruzione solida della trama e all’abilità nell’introspezione psicologica, l’autore trasforma un classico caso di eredità e delitto in un’indagine sull’animo umano.
Un linguaggio preciso, elegante e moderno
Lo stile di De Angelis è sorprendentemente moderno per l’epoca. La sua scrittura è misurata, mai enfatica, con dialoghi realistici e una capacità di descrivere ambienti e atmosfere con pochi ma efficaci tratti. L’autore non indulge mai in dettagli superflui, ma riesce a dare vita a una Milano cupa e affascinante, fatta di nebbie, palazzi scrostati, facciate rispettabili e interni carichi di segreti.
In questo senso, De Angelis si distingue come un precursore del noir italiano, ben lontano dal giallo esotico e rassicurante di imitazione anglosassone. La sua è una narrazione inquieta, che non offre consolazioni facili, ma invita il lettore a riflettere sul male come componente integrante della realtà sociale e personale.
Conclusione: un romanzo che resiste al tempo
L’albergo delle tre rose è un romanzo che non ha perso il suo fascino, anzi, oggi appare forse ancora più attuale per la sua capacità di raccontare il crimine non come eccezione, ma come espressione di una società malata. Augusto De Angelis riesce a fondere abilmente la tensione narrativa del giallo con una profonda riflessione sociale, anticipando tematiche e atmosfere che saranno poi centrali nel noir italiano del dopoguerra.
Nonostante la censura fascista e la tragica fine dell’autore, la sua opera ha lasciato un segno indelebile nella letteratura italiana, tanto da essere ancora oggi letta, ristampata e studiata. L’albergo delle tre rose è un piccolo grande classico, consigliato non solo agli amanti del poliziesco, ma a chiunque voglia scoprire un’altra Italia, vista con gli occhi acuti e malinconici di uno dei suoi osservatori più sensibili.
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Fonte: liberliber
Licenza: CC BY-NC-SA 4.0
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